venerdì 24 gennaio 2014

Gli Gnocchi alla romana di Pellegrino Artusi

Gli  Gnocchi alla romana di Pellegrino Artusi

Piatti romani, o di ispirazione romana, si ritrovano pure nelle tante decantate e indubbiamente meritorie opera di Pellegrino Artusi. La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, che risale, in primissima edizione, al 1891.
Nella quale il gastronomo romagnolo fa tanto sfoggio funamboleschi toscanismi. In quale pagine i piatti dichiaratamente romani, Saltimbocca alla romana, Piselli con il prosciutto, Broccoli romani, Ponce alla romana, Fave alla romana o dei morti, Dolce Roma.
A noi interessano qui soltanto gli Gnocchi. E Artusi completa già gnocchi, semplicemente, tra la minestra e il brodo. Poi accoglie gli gnocchi di patate e quelli di farina gialla (granturco) nelle Minestre asciutte e di magro. Gli gnocchi di semolino e alla romana appaiono invece fra i Trasmessi, astrusa parola che vorrebbe sostituire gli Entremets dei francesi. E infatti gli gnocchi di latte, compresi fra le torte e dolci a cucchiaio. Ma puntiamo la nostra attenzione su quelli alla romana. Gli ingredienti elencati sono i seguenti:
farina 150 g. burro 50 g. cacio  gruiera 40 g. parmigiano grattato 20 g. 1\2 l. latte due uova. La confezione segue quella degli gnocchi di semolino, e di farina gialla. Che ci sarà stato mai di romano, allora in questa ricetta? Soltanto Pellegrino avrà potuto saperlo. Ma non gliene importava molto. Questi  gnocchi, premetteva alla ricetta, che io ho modificato e dosati nella seguente maniera, spero vi piaceranno come sono piaciuti a quelli cui li ho imbanditi. Se ciò avviene, continuava in quel suo modo  disinvolto e del beffardo ( Pietro Camporesi ), fate un brindisi alla mia salute se sarò vivo, o mandatemi un requiescat se sarò andato a rincalzare i cavoli.Una ricetta riconvertita, ma decisamente deviante (quella Groviera!! ) ai fini della compressione del vero carattere della cucina romana, romano-laziale. Non ce lo saremmo certamente aspettato da un'opera nella quale, come ha scritto ancora, Camporesi per la riedizione Einaudi nella Scienza in cucina. La cosa non ci lusinga, ma tutto si spiega quando si sarà detto che l'Artusi parlava alle classi agiate, e che il suo non era altro che un codice alimentare borghese. Mentre la genuina cucina popolare romana non tollera simili contrasti, certe confusioni. Non sembra conoscere nel modo giusto, e le genti, e le cucine che s'intendono fare avvicinare tra di loro. Dal resto, qualche anno fa la rilettura dell'Artusi mandò fuori di sè un difensore ad oltranza della cucina romano-laziale come Luigi Volpicelli. e per fortuna prese in esame soltanto il Dolce Romano, i broccoli, i piselli al prosciutto e i saltimbocca alla romana. Per un romano qualsiasi, ma conoscitore appassionato della sua cucina, i folti e sussiegosi favoriti dell'Artusi possono infatti apparire come provenienti veramente da un altro mondo. Ed anche la sua costruita maniera di scrivere. Sicchè parla come magni !, si avrebbe pure tanta voglia di dire al gastronomo tosco-romagnolo.

E allora perchè presunti gnocchi alla romana questi con il semolino? Le ipotesi sono abbastanza macchinose, e il loro esame ci toglierebbe troppo tempo, portandoci forse anche fuori strada. Li accoglie ad ogni modo la Boni nella sua cucina romana.  E prima di lei, Giaquinto, che tuttavia, come ho già avuto modo di osservare, non tratta esclusivamente piatti romani nel suo manuale. Cucina di famiglia. Li escludono invece Carnacin a e Buonassisi dal loro Roma in cucina:


INGREDIENTI:
250 g. semolino, 1 litro di latte, poco più di un etto di parmigiano grattugiato, 50 g. di burro, 2 o 3 tuorli d'uova, 50 g burro fuso, sale q.b.

PROCEDIMENTO:
Si versa in una casseruola il latte, portandolo ad ebollizione. A quel punto vi si farà scendere a pioggia, gradatamente, il semolino. Avendo l'accortezza di mescolare di continuo, per evitare la formazione di grumi, e staccando di continuo il composto latte-semolino dal fondo e dalle pareti del recipiente.
Si toglie allora la casseruola dal fuoco, e si condisce il contenuto con il parmigiano, il burro, i tuorli d'uovo, un pizzico di sale. Si mescola, si fa amalgamare, e si rovescia il semolino così condito su un piano di marmo leggermente unto. Con la parte piatta della lama di un coltello, ripetutamente bagnata, si stende il semolino, fino a portarlo allo spessore uniforme di circa 1 centimetro.Si lascia raffreddare per un paio di ore, e, una volta bene rappreso il composto, si taglia a quadrettini, o a rombi di 3-4 cm di lato.
Ma oggi questi gnocchi si riducono pure a tondini. Si spalma poi di burro una teglia, o una pirofila, e vi si dispongono a strati i quadrettini, o rombi. Circa tre o 4 strati, che un tempo si facevano appena arretrare mano mano che salivano, per far nascere scalini e dare al tutto una certa configurazione leggermente piramidale. Ad ogni strato, una passata di parmigiano, poi, una volta terminata la collocazione dei pezzi, un'altra spolverata ancora di formaggio , prima di far scendere su tutto l'insieme il burro fuso. Si passa al forno ben caldo e si ritira il recipiente dopo circa 15 minuti di cottura, con gli gnocchi che hanno assunto una bella superfice dorata. Vanno serviti caldissimi.

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