sabato 25 gennaio 2014

Mozzarella in carrozza

Mozzarella in carrozza

Papi, re, nobili, plebe e mozzarelle. Una storia di treni e di pane raffermo



La mia versione è la seguente:
Mi procuro del pane raffermo, taglio due fette spesse 3 cm
e con un coltello gli tolgo la cornice e gli do una forma ovale.






Prendo due fette di mozzarella spesse 3 cm e gli do la forma delle fette di pane. 






Quindi in un contenitore apro 
4 uova, aggiungo il sale, pepe
 e parmigiano e con una frusta 
manteco il tutto.




   Prendo la prima fetta di pane,
l'infarino e la passo nell'uovo,tolgo l'eccesso d'uova e la posiziono 
su un piatto








 Prendo la fetta di mozzarella, l'infarino e la passo nell'uovo, 

tolgo l'eccesso di uova e la posiziono sulla fetta di pane


A questo punto prendo la coppia di pane e mozzarella e la ripasso nell'uovo, tolgo l'eccesso d'uova e la metto a cuocere in una pentola con abbondante olio caldo, 

il tempo di dorare tutte e 2 i lati e la mozzarella in carrozza è pronta.


A Napoli si usa mettere anche un'acciuga tra la mozzarella e il pane.


Un demonio su rotaia, un diavolo, un orco spaventoso, un mostro che scaglia verso i cieli fulmini di vapore incandescente, una belva non dissimile da quelle che nel Colosseo divoravano i primi martiri cristiani.

Più o meno in questo modo rivolgeva, ex cathedrae quindi - per dogma - infallibilmente, le sue invettive contro il treno l'alto prelato in porpora e broccato.

Dal suo trono scuro di mogano e luccicante d'oro, il cavaliere della cristianità lanciava la sua scomunica al drago di ferro che, in quella domenica di autunno, aveva diviso in due la folla vestita a festa in quel paesino del regno delle due Sicilie.

L'anno era però il 1839 e a parlare non era un ottuso curato di campagna ma addirittura papa Gregorio XVI, infallibile rappresentate di dio in Terra.

Nel piccolo borgo di Portici, periferia del meridione governato dai cattolicissimi Borboni, quella domenica era attesa come giornata di festa.

Per tutti i 7 km del tragitto le finestre e i giardini erano impavesati di colori, fiori e nastri, la gente indossava l'abito migliore, era domenica, era festa, passava il (primo) treno.

Ferdinando II era un sovrano (quasi) moderno, alquanto diverso dal padre restauratore Francesco I. Quello che, per tenere in pugno il regno, al popolino non arte, non democrazia né progresso ma le tre F, festa, farina e forca.

Il figlio era invece un anglofilo convinto, affascinato dal progresso. Ancora  erede al trono, durante una visita diplomatica in Inghilterra, era rimasto folgorato dalle locomotive, costruite direttamente da George Stephenson, che collegavano le fabbriche di Manchester al porto di Liverpool.

Per cui aveva deciso di dotare l'aristocrazia partenopea di quella micro linea che collegasse Napoli alla Reggia di Portici, residenza estiva della corte. Progresso ad personam ma pur sempre progresso.

Nonostante gli appelli del papa il treno non faceva paura a nessuno, salvo forse un pochino per i macchinisti e i caldaisti, in canottiera, neri di carbone, i capelli ritti sulla testa e gli occhi iniettati di rosso per il gran fumo.

Ma per il resto, in carrozza signore e signori, in carrozza maestà, in carrozza popolino, tutti in carrozza anche le mozzarelle.

Nasce infatti proprio in quel periodo, sua maestà la mozzarella in carrozza. E all'inizio non è uno sfizio da golosi ma piuttosto un modo per riciclare il pane raffermo e le mozzarelle vecchie ormai di qualche giorno, quelle che hanno perso tutto il siero lattiginoso ma non ancora il sapore.

In carrozza cioè rinchiusa in un cocchio di due fette di pane, impanata nell'uovo e nel pangrattato e infine fritta.

Nate nella prima metà dell'ottocento come piatto di riciclo, oggi, nei moderni territori del regno delle due Sicilie, si trovano anche negli autogrill, tutte uguali, tutte strafritte in un olio strausato. Persino nelle friggitorie storiche napoletane, persino usando la migliore mozzarella, il risultato è triste, molliccio dentro e duro fuori. Più che in carrozza, poverina, sembra in prigione tra due fette di pancarrè, spugnoso e intriso di uovo, tanto da somigliare quasi a un panino con la frittata.

Nemo propheta in patria, povere mozzarelle. Le eredi di quelle di re Ferdinando non abitano più il regno ma sono risalite, come i salmoni, nelle ultime vere friggitorie romane. Non solo hanno aggiunto un pezzetto di acciughina salata, ma le fanno ancora (certo non tutti) sostituendo all'orrendo pancarrè due fette di pane rustico che qualcuno chiama casereccio. Quello in pagnotte grandi e tonde, con la crosta scura, spessa e profumata di lievito. E la mollica all'interno compatta, soda senza buchi. Basta una fetta centrale per farne tre o quattro di mozzarelle.

L'uovo in cui intingere le due parti da sovrapporre va sbattuto in un piatto, fondo sì ma anche sufficientemente largo, con un po' di pepe e sale e allungandolo con del latte.

Bagnarle senza disfarle. Più che al cuoco il merito va alla compattezza del pane, per questo il pancarrè è quello meno indicato, meglio il pane e ancor meglio se un po' raffermo.

Perché prenda meglio l'uovo si può inumidire leggermente e poi infarinare. Una volta bagnata nel piatto dell'uovo sbattuto, ognuna delle due fette va strizzata tra le due mani, ma non troppo.

Poi, su una fetta poggiata sul palmo della mano sinistra (destra per i mancini), va sistemata la fettina di mozzarella (che può essere anche primosale), poi mezzo filetto di acciuga dissalata e quindi la seconda fetta, a chiudere, premendo il tutto con le due mani.

La carrozza va sigillata inumidendo ancora la crosta del bordo e passandola nuovamente nell'uovo. Infine in un pangrattato un po' grossolano, non quello commerciale che sembra polvere (perché non si fa più macinando semplicemente il pane duro?). In questo modo, una volta fritte nell'olio extravergine bollente, risultano... niente, l'Italiano non ce l'ha una parola per spiegarlo. Andrebbero bene l'inglese crispy (che non vuol dire croccante, per quello hanno crunchy) o il francesecroustillant (che è diverso da craquant). Sono quelle fritture in cui la panatura non è uniforme ma ha dei pezzettini più ... croustillant insomma.

Anche se anni fa in Campania le cuocevano addirittura in forno, stipate una accanto all'altra in una teglia, venivano meno crostose ma l'olio era costoso e la mozzarella in carrozza pur sempre un piatto di scart

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